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Chiesa
In Chiesa ai lati dell’entrata sono collocate due acquasantiere del ’500, il cui bacile in trachite è montato su colonnine di travertino che poggiano su una base triangolare.
Quella di sinistra è ornata a rilievo dai simboli della Passione: una croce greca, un’ampolla, un calice, martello, tenaglie, scala e dadi. La colonnina è ornata da foglie acuminate, divise da un grosso cordone. L’ acquasantiera di destra, recentemente restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze reca sul bacile rilievi di immagini simboliche, mentre la colonna con foglie di quercia è strozzata al centro da un cordolo.
E’ questo il punto in cui la Chiesa appare in tutta la sua imponenza e armoniosità.
Di stile romanico, fu consacrata sotto l’Abate Winizzo nel 1035. La Chiesa ha la pianta a croce latina, con unica navata coperta con capriate, e presbiterio con volte a botte e a crociera, sopraelevato sulla sottostante cripta.
La soluzione ricordata della facciata, lo schema a croce latina che si può ritenere il primo del genere comparso nel senese, forse in Toscana, l’eccezionalità della cripta fanno della Chiesa di San Salvatore uno degli esempi più interessanti dell’architettura protoromanica Toscana. Sulla parete destra, in alto, spiccano le sei finestre di varia foggia, semplici ed incisive del tipico romanico. Nella parete sinistra, invece, si scorgono altrettante finestre, ma cieche, quindi prive della originale funzione, ma che accentuano la geometricità e la purezza dello stile romanico, emergenti anche dalle pareti in pietra a filarotto. La nudità di queste da un senso di sobria austerità a tutto l’ambiente, quasi sollecitando raccoglimento e contemplazione per l’avvicinamento dell’uomo a Dio.
A meta ’600 la Chiesa venne trasformata, seguendo i canoni della "Controriforma", con la demolizione delle prime due campate della cripta e l’ampliamento del corpo longitudinale, riservato ai fedeli, che venne anche sopraelevato. In questa occasione vennero rinnovare le decorazioni e gli altari, secondo il gusto barocco, e affrescato dai fratelli Francesco e Antonio Annibale Nasini il presbiterio.
Gli elementi architettonici barocchi vennero rimossi durante i restauri dell’Arch. Bellini della Soprintendenza di Siena nel 1925. I monaci Cistercensi, ritornati nel 1939 all’Abbazia, dopo aver revisionato nel 1963 i tetti ormai fatiscenti, interessarono di nuovo la Soprintendenza ai Monumenti e Belle Arti di Siena perché si intervenisse al più presto con i necessari e urgenti restauri. Furono ripresi i lavori con la ditta “Petri Armando” di Siena sotto la guida del Soprintendente Arch. A. Jacchia. Fu così incentivato lo svuotamento della navata centrale che i Monaci avevano già iniziato in proprio; furono rimossi i loculi ancora pieni di ossa ed altre murature ingombranti. Una spessa massicciata, necessaria per limitare l’umidità, venne costruita a circa due metri e mezzo al di sotto della precedente pavimentazione, perché erano venute alla luce soglie, porte e pezzi di pavimento originale. Il nuovo pavimento in cotto fu appositamente ordinato perché si eguagliasse il più possibile al preesistente; le pareti furono discialbate e consolidate nei cedimenti. La ricostruita scalinata nel mezzo della Chiesa per accedere al presbiterio fu poggiata su residui muri preesistenti. Si indagò nelle volte per scoprire eventuali altri dipinti, ma invano. A seguito dei restauri, la nuova unità ha acquistato fascino, bellezza e armonia.
Entrando sulla destra pende una tela del 1600 di Lorenzo Lippi: raffigurerebbe la donazione dell’Abbazia fatta da Tessia, moglie di Re Rachis, al primo Abate Erfone; questi é raffigurato nelle sembianze di S. Bernardo, accompagnato da altri monaci cistercensi. L’anacronismo é evidente; S. Bernardo è vissuto nel XII secolo e non nell’VIII. In realtà la tela rappresenta l’atto in cui la Regina di Spagna affida a San Bernardo la costruzione di tre abbazie nel suo regno.